lunedì 24 settembre 2012

Il Coltellaccio


Avevo un coltellaccio rugginoso e me lo roteavo tra le dita facendolo turbinare ad una velocità eccezionale mentre repentinamente lanciavo occhiate all’antica figurazione impressa sulla centenaria porta del convento. Il cinguettio dei fringuelli mi distrasse, ahimè, e voltatomi verso quel suono mi scivolò via il coltellaccio dalle mani e lo persi di vista, cominciai così una penosa ricerca spiacevole che durò parecchie ore. Perlustrai l’ampia latrina del convento in ogni angolo, ma non lo trovai. Esplorai il vetusto gabinetto del frate anziano, roteai persino il nauseabondo sterco che galleggiava sull’acqua, ma non lo trovai. Frugai nella toilette e nel bagno turco privato dei francescani, scandagliandolo da capo a piedi, ma non lo trovai. Setacciai i numerosi vespasiani che si ergevano in ogni cantone, investigando i bidet, gli acquai, i lavelli e i lavabi, ma non lo trovai. Rovistai i restanti locali, ma tra i numerosi cessi, le trecento stanze da bagno, i centocinquanta servizi e i millecinquecento W.C. non riesumai il mio fedele alleato arrugginito. E scandagliai tutto con la giustezza e la diligenza e il rigore dei migliori segugi. Dunque, contrariato, uscii dal convento con l’intenzione di non ritornarvi più, non prima di aver scavalcato il misero cadavere di un fraticello guardiano colpito a morte da un pugnale errante.