sabato 13 novembre 2010
Il Diacono
Se per caso doveste per forza passare, durante una lugubre notte tempestosa, davanti alla caserma del diacono, noterete certamente le finestre spezzate e le porte frantumate, udirete innegabilmente urla fuoriuscire dal camino e bestemmie venir fuori dal terreno. E se vi approssimerete senza paura alla caserma, verrete indubbiamente masturbati dai tifoni e dai turbini che assediano i recinti dello stabile. E se, nonostante tutto, vorrete entrare a salutare il diacono, esso vi accoglierà e vi racconterà l’imperscrutabile arcana fine del fico, bruciato in un istante da Gesù, poiché i suoi frutti non erano maturi, bensì ripieni di escrementi, materia fecale e deiezioni e feci e sterco, indigeribili anche per l’ineffabile soprannaturale stomaco del celestiale profeta divino.
sabato 6 novembre 2010
Oreste Diarrea
Oreste Diarrea non poté non imbarazzarsi di fronte al confessionale che gli s’ergeva di fronte, non avrebbe mai detto i suoi peccati a nessuno, eppure il pretino gaio voleva sapere!
Domandò e ridomandò incredulo che Oreste non avesse commesso gran ché nella sua flemmatica esistenza da storpio e da grassone qual’era, non volle credere alla totale assenza di onanismo, né all’incondizionata deficienza di qual si voglia vituperio nei confronti della chiesa, né alla carenza di bestialità, barbarie o atrocità. Eppure Oreste Diarrea negò ogni cosa e si disse gran santone, intangibile e soprannaturale. Il buon prete commosso pianse lacrime cocenti quando seppe che l’unico peccato commesso dal bravo integerrimo e celestiale fu solamente quello di aver sputato nella terra consacrata e di aver, a sproposito, spropositato nei confronti della sua madre carissima.
Eppure al prete, abituato ad origliare i peccati, non andò giù e tentò in ogni modo, si adoperò, si avvalse d’innumerevoli trucchi preteschi ma non udì altro che lodi alla madonna e glorificazioni ai santi. Giunto allo sconforto il prete bestemmiò, e la bestemmia risvegliò in qualche modo Oreste che in men che non si dica sovvertì le sue maniere e divenne bestia. Urlò finché non gli si squarciarono le tonsille, lanciò pugni e calci finché mani e piedi non si disgiunsero, defecò e urinò fino a che non gli s’implose il corpo, picchiò il cranio finché esso non si aprì e il cervello non si frantumò ricoprendo il prete di materia grigia.
Nonostante Oreste fu celebrato al tempo per la sua crudeltà, dissolutezza, depravazione e per il vizio di uccidere cristiani e religiosi di ogni fede e professione, fu fatto santo. Oggi, quel che resta del suo corpo riposa consacrato nell’immensa cattedrale e le visite e le preghiere lo ergono, nell’immaginario collettivo, al pari dei perfetti, più giusti dei beati, ed egli, sogghignando, se ne andò felice per la sua strada.
Domandò e ridomandò incredulo che Oreste non avesse commesso gran ché nella sua flemmatica esistenza da storpio e da grassone qual’era, non volle credere alla totale assenza di onanismo, né all’incondizionata deficienza di qual si voglia vituperio nei confronti della chiesa, né alla carenza di bestialità, barbarie o atrocità. Eppure Oreste Diarrea negò ogni cosa e si disse gran santone, intangibile e soprannaturale. Il buon prete commosso pianse lacrime cocenti quando seppe che l’unico peccato commesso dal bravo integerrimo e celestiale fu solamente quello di aver sputato nella terra consacrata e di aver, a sproposito, spropositato nei confronti della sua madre carissima.
Eppure al prete, abituato ad origliare i peccati, non andò giù e tentò in ogni modo, si adoperò, si avvalse d’innumerevoli trucchi preteschi ma non udì altro che lodi alla madonna e glorificazioni ai santi. Giunto allo sconforto il prete bestemmiò, e la bestemmia risvegliò in qualche modo Oreste che in men che non si dica sovvertì le sue maniere e divenne bestia. Urlò finché non gli si squarciarono le tonsille, lanciò pugni e calci finché mani e piedi non si disgiunsero, defecò e urinò fino a che non gli s’implose il corpo, picchiò il cranio finché esso non si aprì e il cervello non si frantumò ricoprendo il prete di materia grigia.
Nonostante Oreste fu celebrato al tempo per la sua crudeltà, dissolutezza, depravazione e per il vizio di uccidere cristiani e religiosi di ogni fede e professione, fu fatto santo. Oggi, quel che resta del suo corpo riposa consacrato nell’immensa cattedrale e le visite e le preghiere lo ergono, nell’immaginario collettivo, al pari dei perfetti, più giusti dei beati, ed egli, sogghignando, se ne andò felice per la sua strada.
mercoledì 3 novembre 2010
Carlo e il suo amore
Carlo Testicolo non aveva alcuna voglia d’innamorarsi della suora che lo vestiva e lo custodiva durante la sua spietata infanzia d’orfano che gli capitò, ma nonostante i suoi sforzi e le sue pene non poté farne a meno e quando la suora, in un momento di distrazione, si voltò, egli le disse quello che congetturava e mentre proferiva i verbi amorosi sprigionava dal deretano una pestilenziale flatulenza che gremì la stanza. Il fiato mancò alla religiosa ed egli la vide assopirsi al suolo, e mentre s’accasciava perdendo i sensi sentì accrescere un diabolico sorriso sul suo volto.
Le prese il viso e lo baciò, le baciò le mani e il collo e laddove lo sguardo non poteva penetrare le vesti sacre egli la bastonò con la più dura ferocia e brutalità. La furiosa crudeltà si abbatteva solamente sulle parti ricoperte dagl’ indumenti, tutto il resto lo ricoprì di rose e di profumi, di blandizie e amorevolezze. Il velo ben presto s’intrise di sangue rappreso ma a Carlo non importava, il vestito sporco non era d’intralcio alle sue effusioni e affettuosità. Così la amò per tutta la notte e per i giorni a venire finché il fetore imposto dalla putrefazione non esortò Carlo alla ricerca di un nuovo amore, così se ne andò felice per la sua strada.
Le prese il viso e lo baciò, le baciò le mani e il collo e laddove lo sguardo non poteva penetrare le vesti sacre egli la bastonò con la più dura ferocia e brutalità. La furiosa crudeltà si abbatteva solamente sulle parti ricoperte dagl’ indumenti, tutto il resto lo ricoprì di rose e di profumi, di blandizie e amorevolezze. Il velo ben presto s’intrise di sangue rappreso ma a Carlo non importava, il vestito sporco non era d’intralcio alle sue effusioni e affettuosità. Così la amò per tutta la notte e per i giorni a venire finché il fetore imposto dalla putrefazione non esortò Carlo alla ricerca di un nuovo amore, così se ne andò felice per la sua strada.
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